TEORIA DEL PROBLEMA DELLA DOPPIA EMPATIA

Uno dei pregiudizi ancora molto forti nei confronti delle persone autistiche è che non siano in grado di provare empatia, di capire lo stato d’animo delle altre persone.

Ma è davvero così?

Quando parliamo di empatia dobbiamo tener presente che esiste l’empatia cognitiva e l’empatia affettiva.

L’empatia cognitiva è quella che riguarda il processo consapevole di immaginare / comprendere i pensieri e le emozioni di altre persone e di come le nostre azioni possano influenzarle. Quindi devo prestare attenzione a tutta una serie di segnali esteriori che quella persona sta manifestando.

L’empatia affettiva è la capacità di sentire quello che le altre persone stanno provando e la capacità di sperimentare reazioni affettive per le esperienze di altre, quindi la capacità di entrare in sintonia con l’altra persona.

Le fasi dell’empatia

Possiamo dire che il processo empatico è composto da diverse fasi:

1. notare che una persona sta provando qualcosa

2. identificare di cosa si tratta

3. reagire in un modo considerato opportuno

 

Una delle difficoltà delle persone autistiche potrebbe essere proprio quella dell’interpretazione dei segnali della persona allistica (cioè non autistica) in quanto dettate da norme, aspettative e regole sociali definite da una società neurotipica.

Grazie Milton!

Nel 2012 lo studioso autistico Damian Milton formulò la teoria del problema della doppia empatia 1 .

Questa teoria sostiene che le difficoltà sociali e di comunicazione che hanno le persone autistiche non siano dovute a caratteristiche intrinseche alla persona, ma siano causate da una reciproca mancanza di comprensione e a differenze bidirezionali nello stile di comunicazione tra persone autistiche e neurotipiche.

L’empatia è un processo relazionale, che riguarda tutte le persone coinvolte: se ci sono delle modalità comunicative e interpretative diverse queste possono generare delle incomprensioni.

 
Non solo Milton…
Diversi studi hanno validato la teoria del problema della doppia empatia, dimostrando come le persone autistiche e non autistiche hanno le medesime abilità comunicative quando interagiscono in gruppi omogenei (formati solo da persone autistiche o da persone allistiche), mentre nei gruppi misti (formati da persone autistiche e allistiche) le difficoltà comunicative aumentano 2 .

Alessandra Biancardi – psicologa

Chiara Castellini – educatorƏ autisticƏ e ADHD

Silvia De Vincenzi –  medico neuropsichiatra infantile

[1] Milton, D. E. M. (2012). On the ontological status of autism: The ‘double empathy problem’. Disability & Society, 27(6), 883-887

[2] https://www.nature.com/articles/srep40700#citeas ,https://www.nature.com/articles/srep40700#citeas

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