GenderLens a Rivolta Pride di Bologna

Ciao a tutte le persone che sono qui a condividere questo momento di orgoglio e di lotta! Noi facciamo parte di GenderLens, un’associazione che si espone per i diritti dell’infanzia trans, gender creative e per il diritto di ogni persona a crescere libera dalle gabbie di genere.

Iniziamo subito con l’affermare come sempre, ma ora più che mai, che come GenderLens ci esprimiamo non solo in solidarietà ma in unione con il popolo palestinese e il diritto alla sua resistenza, perché crediamo che non possa esistere lotta per alcun diritto senza opporsi all’idea che nazioni, governi e potenze economiche possano decidere dall’alto quale vita umana ha valore e quale no. Mentre rivendichiamo diritti che passano anche dal miglioramento della sanità, della scuola, delle istituzioni educative e sociali, non possiamo fare a meno di denunciare come le risorse italiane siano largamente utilizzate per collaborare al genocidio del popolo palestinese e all’imperialismo sionista, tramite rifornimento di armi, sviluppo di tecnologie per l’oppressione e l’annientamento, rinnovo di alleanze militari con il governo israeliano mentre continua a essere colpevole impunito dei più gravi crimini contro l’umanità.

Mentre assistiamo a tutto questo le vite queer, e in particolar modo le vite queer bambine, vengono usate per distrarre l’opinione pubblica con campagne d’odio e disinformazione sempre più ridicole, riducendo le identità, i desideri e le necessità delle persone trans bambine a capricci da ignorare o raccontandole come malattie da curare; parlando sempre al loro posto, senza lasciare alcuno spazio di espressione a persone che, nel loro linguaggio libero e spontaneo, sanno comunicare perfettamente i propri bisogni e chiedono a gran voce un’alleanza con le persone adulte, un’alleanza fatta non solo di protezione ma soprattutto di ascolto e di rispetto.

In GenderLens collaborano tra loro genitori, famiglie, professionistə della salute e dell’educazione e noi persone trans adulte, cresciute senza la minima possibilità di esprimere le nostre identità, che la società non ha saputo far altro che zittire e seppellire sotto le norme di genere, la patologizzazione, la sterilizzazione forzata, la criminalizzazione. Non intendiamo tollerare che altre infanzie vengano silenziate, ridicolizzate e sovradeterminate. Pretendiamo che a tutte le persone bambine venga dato ascolto, rispetto, che facciano pienamente parte della società, che parlino per sé stesse e che possano attraversare gli spazi delle loro comunità a testa alta. Per questo abbiamo deciso di portare in piazza le loro parole, perché siano finalmente ascoltate, e per far capire quanta consapevolezza c’è in quelle personcine che continuano a essere etichettate come incapaci di sapere chi sono e di essere protagoniste della loro vita.

 

Andrea, 9 anni

Mamma sono orgoglioso di me. E di quello che sono diventato. Non mi interessano i giudizi degli altri. Tu mi dici sempre che esistono solo cose che ci piacciono e cose che non ci piacciono. A me questo costume piace e se qualcuno dovesse dirmi qualcosa risponderò che ognuno è libero di indossare quello che lo rende felice.

 

Nicola ha 4 anni e la sua cuginetta dice che lei e Nicola sono principesse, insieme si divertono a giocare con la bacchetta magica e il vestito di Frozen. È dal loro mondo dell’infanzia che la mamma di Nicola prende la forza per affrontare un mondo adulto che la colpevolizza per ciò che suo figlio è.

 

Anto, 9 anni, racconta come vede i colori

Il rosso rappresenta la rabbia che provo quando qualcuno mi prende in giro o prende in giro o le persone come me.

Il verde rappresenta le persone che mi sono vicino e mi vogliono bene

Il blu è la tristezza che provo quando le persone non accettano quello che sono e fanno continuamente domande

Il giallo è la mia felicità

Arancione è l’aiuto che vorrei dare ad altri bambini come me, non bisogna essere soli.

 

Pat, 13 anni

Fare sport mi piace tantissimo anche se certe volte provo tristezza e rabbia perché considerano di più il nome vecchio sui documenti invece di vedere la persona che sono, chi hanno davvero davanti. Il tutor sportivo ci ha messo una vita a capirlo, ed ora finalmente mi chiama Pat e mi rispetta. Quando faccio sport mi sento bene, sono un atleta, felice e libera, e non deve contare se siamo femmine, maschi o nessuno dei due.

 

Elia, 8 anni

Vorrei che le maestre mi aiutassero a dirlo ai compagni perché così non mi prendono in giro. Però forse le maestre non capiscono cosa voglio essere, potrei anche dirglielo ma loro non lo sanno, quindi qualcuno deve spiegarlo alle maestre.

 

Ogni persona, a ogni età, può esprimere sé stessa, se c’è qualcunə dispostə ad ascoltare.

E come dicono loro: “meno male che c’è Genderlens!”

Vi invitiamo a esserci tuttə!

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